Autocertificazioni e dichiarazioni mendaci

… ma siamo sicuri che le mendaci dichiarazioni rilasciate con l’autocertificazione fornitaci dallo Stato durante l’emergenza “coronavirus” costituiscano reato?

L’autocertificazione è stata regolamentata in Italia, per la prima volta, con la legge numero 15/1968: nel tempo essa ha subito plurime modificazioni, fino alla sua abolizione decretata dal d.p.r. N. 445/2000 che contiene la nuova regolamentazione.
Tuttavia è bene precisare che non tutto si può autocertificare!
L’art. 46 del DPR 445/2000, infatti, indica tassativamente ciò che può essere oggetto di dichiarazione sostitutiva di certificazione, ovvero:
a) data e il luogo di nascita;
b) residenza;
c) cittadinanza;
d) godimento dei diritti civili e politici;
e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
f) stato di famiglia;
g) esistenza in vita;
h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente;
i) iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
l) appartenenza a ordini professionali;
m) titolo di studio, esami sostenuti;
n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;
o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;
q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
r) stato di disoccupazione;
s) qualità di pensionato e categoria di pensione;
t) qualità di studente;
u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;
aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;
bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
cc) qualità di vivenza a carico;
dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;
ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.
Il successivo art. 76 punisce, ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia, colui che rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico. Traslando la norma sanzionatoria nel codice penale, possiamo individuare astrattamente due principali ipotesi delittuose da coordinare con il D.P.R. 445/2000, ovvero gli artt. 483 e 495 c.p.

Tanto premesso, si può affermare con certezza che la dichiarazione mendace, resa ai sensi dell’art. 46 d.p.r. 445/2000, configura il delitto di falso ideologico commesso dal privato.
Tuttavia, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 28/1999) “Il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero“.
Il concetto è stato in seguito più volte ribadito dalle successive sezioni semplici, che hanno ricordato come il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico sussiste solo qualora l’atto, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e ad esso siano ricollegati specifici effetti all’atto/documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale (Sez. 5, Sentenza n. 39215/2015; Sez. 5, sentenza n. 19279/2014; Sez. 6, sentenza n. 23587/201; Sez. 6, sentenza n. 49989/2004): ne consegue che il delitto non sussiste qualora la condotta del privato non è destinata a confluire in un atto pubblico e, quindi, a provare la verità dei fatti in essa attestati (Sez. 5, Sentenza n. 193610/2006).
Il reato previsto e punito dall’art. 483 c.p. richiede, per la definizione del suo contenuto precettivo, il collegamento con una diversa norma (anche di carattere extrapenale) che conferisca attitudine probatoria all’atto in cui confluisce la dichiarazione inveritiera, così dando luogo all’obbligo per il dichiarante di attenersi alla verità.
Nel caso dell’autocertificazione che ci viene chiesto di utilizzare per gli spostamenti in questo periodo,
(http://www.protezionecivile.gov.it/media-comunicazione/news/dettaglio/-/asset_publisher/default/content/e-online-il-nuovo-modello-di-autocertificazione-in-caso-di-spostamenti
essa NON può definirsi destinata a confluire in un atto pubblico (si ribadisce che lo sono solo quelle tassativamente elencate nell’art. 46 del D.P.R. 445/2000) e, quindi, a provare la verità dei fatti attestati, con la conseguenza che la condotta del soggetto che dichiara il falso non parrebbe punibile.
Si sottolinea infine che il modello di autocertificazione predisposto dalla Pubblica Autorità in ossequio al disposto di cui all’art. 48 del D.P.R. 445/2000 (comma 2- Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facolta’ di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsita’ in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 1996, n. 675. Comma 3 – In tutti i casi in cui sono ammesse le dichiarazioni sostitutive, le singole amministrazioni inseriscono la relativa formula nei moduli per le istanze) ammonisce sulle sole conseguenze penali di mendaci dichiarazioni al pubblico ufficiale rimandando alla sanzione punitiva prevista dall’art. 495 c.p., ovvero a quel precetto normativo che punisce unicamente chi rilascia false dichiarazioni riguardanti l’identità, lo stato od altre qualità della persona, fattispecie diverse dalle dichiarazioni relative ai motivi dello spostamento.
Avv. Alessandro Dall’Igna