THIENE. Un anno, nove mesi e 10 giorni di reclusione. Pena sospesa, via la patente un anno. Vale questo la morte di un ragazzo di 24 anni appena laureato in astronomia, ucciso dall´auto impazzita di un giovane che sfrecciava lungo il Costo a 150 chilometri orari. Ieri, quando la tensione nell´aula al pianterreno della palazzina del Gip a Vicenza si tagliava a fette, M.S., 30 anni, ha patteggiato 21 mesi e 200 euro di ammenda davanti al giudice Gerace e al pubblico ministero De Munari. Qualche mese fa la procura aveva rifiutato al giovane un anno e sei mesi.
In aula c´erano anche i genitori della vittima, R.R., 24 anni. Papà R. e mamma M., assistiti dall´avv. Alessandro Dall´Igna, hanno ricevuto circa mezzo milione di euro a titolo di acconto per il risarcimento dall´assicurazione; ne avevano chiesti circa 950 mila, e si sono costituiti parte civile anche per la sorella minore. M.S. dovrà pagare 800 euro di spese.
La dinamica dell´incidente, nella sua drammaticità, è nota. È il 14 novembre del 2010, ore 9.10. R.R. è un ragazzo brillante e si sente realizzato. Ne ha tutti i motivi. Da poche settimane ha conseguito a Padova la laurea in astronomia a pieni voti con lode. I docenti lo vogliono come dottorando nella ricerca della fotometria stellare in un progetto dell´Agenzia spaziale europea. Ma R.R. la sua scelta l´ha già fatta: andrà in Olanda, all´università di Leiden. Ha già firmato il contratto. Sa di essere un numero uno, ed è convinto che anche la sua fidanzata lo possa seguire all´estero. Quella mattina stava viaggiando verso Asiago con la Fiat Panda di famiglia. Era lungo il Costo, nel territorio comunale di Cogollo. In quel mentre, un altro giovane, M.S., va incontro ad un destino terribile. Dirà poi che da quel giorno la sua vita è segnata. «Sono distrutto», ha ripetuto.
Press
A 150 all’ora uccise un giovane. Inflitti 21 mesi
Parla l’uomo che ha investito il ragazzo sul Costo: «Anch’io sono distrutto»
Il tempo passato non sarà mai sufficiente a permettere ai familiari e agli amici di R. R. di superare il dolore di una mancanza così lancinante e dare un giudizio che non sia condizionato da questo. In una vicenda tragica come quella occorsa a un ragazzo di 24 anni neolaureato in astronomia, con un futuro in un grande progetto di studi scientifici all’estero, è alto il rischio che ogni parola sia irrispettosa di un dramma che è giusto rimanga nell’intima proprietà delle persone che a R.R. sono state vicine».
È la premessa degli avvocati difensori dell’automobilista M.S., imputato di omicidio colposo, a due giorni dall’inizio del processo per il quale la procura ha respinto la richiesta di patteggiamento a 1 anno 6 mesi di reclusione. Una premessa per sostenere che sebbene la colpa del loro assistito è macroscopica, è pur tuttavia colposa.
Lo schianto avviene tra il secondo e il terzo tornante del Costo, quando l’Audi A3 di S. centra in fase di sorpasso la Fiat Panda condotta da R.R., che stava salendo verso Asiago il 14 novembre di due anni fa. Secondo il consulente della Procura, la macchina dell’imputato che invade la corsia opposta e centra il neoastronomo viaggiava a una velocità compresa tra i 145 e i 160 chilometri orari. Omicidio volontario con dolo eventuale, sostengono i genitori della vittima, assistiti dall’avvocato Alessandro Dall’Igna. No, ribattono i difensori dell’asiaghese.
«La manovra è stata sicuramente sconsiderata – spiegano -, sia nel mancato rispetto delle norme sulla circolazione stradale, sia nella mancata rappresentazione del pericolo che si sarebbe realizzato successivamente nel grave incidente. Ma si è trattato di un atto colposo. Nessuna volontà omicida, nè diretta né in forma di dolo eventuale. Quella mattina nella mente di M.S. non c’era la consapevolezza di poter uccidere, soprattutto se confermato che la Fiat Panda non era visibile nel momento in cui il nostro assistito cominciava il sorpasso».
Il Giornale di Vicenza, 1/12/2012
Ha 10 anni, racconta alla sorella: «Papà mi ha toccato più volte»
VICENZA — A processo per aver molestato la figlia di dieci anni. Dovrà presentarsi in aula l’anno prossimo il thienese di 53 anni accusato di violenza sessuale aggravata, arrestato a metà gennaio di quest’anno dai carabinieri, in esecuzione dell’ordinanza firmata da Gip, ora ai domiciliari in un comune dell’Alto Vicentino. Il giudice Stefano Furlani martedì lo ha infatti rinviato a giudizio: dovrà presentarsi alla sbarra il prossimo 22 gennaio. L’operaio, di suo, ha sempre respinto le pesanti accuse, sostenendo che si trattasse di una sorta di «vendetta da parte dell’ex moglie», con cui il matrimonio e i rapporti si erano chiusi in maniera alquanto burrascosa. La stessa donna che, dopo aver raccolto le confidenze che la figlia più piccola aveva fatto alla più grande, aveva presentato denuncia ai militari del capitano S. P., che avevano avviato le indagini, coordinati dal pubblico ministero Antonella Toniolo. Difesa dall’avvocato Alessandro Dall’Igna, l’ex moglie si è costituita parte civile al processo, chiedendo un risarcimento danni, a nome della minorenne, per un importo di 425mila euro.
Secondo il racconto della ragazzina, oggi undicenne, il genitore avrebbe abusato di lei in due occasioni, una sera, pochi giorni prima di Natale 2011 e nella notte di Capodanno. Secondo il racconto della presunta vittima – lo stesso che ha fornito anche al giudice Massimo Gerace, in sede di incidente probatorio e in una struttura protetta – in una prima occasione il genitore l’avrebbe fatta coricare a letto accanto a sé e l’avrebbe costretta a stare ferma, mentre lui la spogliava, per toccarla nelle parti intime e al petto. Anche nella seconda occasione, nel letto a castello, il 53enne avrebbe allungato le mani per toccarla morbosamente, baciandola in bocca per tre volte. «Non è assolutamente vero, non l’ho mai sfiorata mia figlia, sono solo falsità» ha sempre dichiarato l’indagato. I presunti abusi sarebbero avvenuti nella abitazione dello stesso operaio, nei giorni in cui – così come da sentenza di separazione – le veniva affidata la piccola, all’epoca di dieci anni. La bambina avrebbe confessato questi episodi risultati per lei molto choccanti solo alla sorella più grande, la quale, a sua volta, avrebbe riportato lo sconvolgente racconto alla mamma, il genitore a cui sono state affidate le figlie.
Il padre può vederle infatti solo in giorni prestabiliti. Una versione, quella degli abusi avvenuti in due distinte occasioni, che la minorenne avrebbe ribadito anche successivamente, alla stessa mamma, ai carabinieri e alla psicologa. Quindi anche al giudice. Dichiarazioni, quelle della piccola, che rappresentano una prova. Che gli avvocati dell’operaio, gravato da queste pesanti accuse, sono pronti a smontare. L’occasione si presenterà l’anno prossimo in aula. L’operaio thienese si dovrà presentare alla sbarra il 22 gennaio.
FISCO: Vuoi pagare la tassa? Calcolatela da solo
Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito ad una vera e propria caccia alle streghe nei confronti dei presunti e reali evasori fiscali: lo sport preferito dei solerti finanzieri è quello di nascondersi dietro qualche cespuglio per scovare le targhe dei malcapitati possessori di potenti SUV, le cui dichiarazioni dei redditi verranno poi passate sotto l’implacabile lente di ingrandimento, alla ricerca spasmodica di qualche euro non dichiarato.
Eppure, ironia della sorte, capita anche che un onesto e probo cittadino residente a Vicenza non riesca a pagare una tassa dovuta.
Questa è la storia dell’avvocato Alessandro Dall’Igna, che vorrebbe versare una tassa di registrazione, ma non ne conosce l’importo esatto.
Rivoltosi, com’è ovvio, agli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate si è sentito rispondere: “Calcoli lei quanto deve pagare, e poi versi la somma di conseguenza”.
Vediamo ora i dettagli di questa ridicola vicenda.
Nell’agosto del 2001, M. Z. fu operato all’ospedale di Montecchio Maggiore dal dottor E.C.; secondo la famiglia di M. l’intervento non fu eseguito correttamente causando conseguenze pesanti al giovane.
Assistiti dall’avv. Dall’Igna, i familiari intentarono causa contro il medico e l’Ulss 5 chiedendo un risarcimento dei danni.
Dopo dieci anni, nel dicembre scorso, la causa si è chiusa con la condanna del medico e dell’azienda sanitaria ad un risarcimento pari a 280mila euro.
E qui sono partiti i problemi.
La normativa in vigore prevede che ogni sentenza civile venga registrata con una tassa proporzionale al suo importo, che le parti si dividono in parti uguali.
Per prassi, tale importo viene calcolato dall’Agenzia delle entrate.
“Generalmente passano un paio di settimane – racconta l’avv. Dall’Igna – e per questo abbiamo atteso che le Entrate pubblicassero sul sito, in uno spazio riservato, la cifra”.
Questa tassa è necessaria per proseguire nella richiesta dei risarcimenti.
Dopo più di un mese, di fronte al silenzio dell’Agenzia, il legale è andato a chiedere delucidazioni: “Mi hanno risposto che sono oberati di lavoro e che non riescono a rispettare la tempistica. Di fatto, mi hanno detto, pubblicano solo le tasse di registrazione relative a sentenze per le quali una delle due parti si fa viva”.
Allora Dall’Igna ha sollecitato il calcolo, per poi ripresentarsi allo sportello dopo un paio di settimane.
Qui ha ricevuto questa risposta: “Guardi, il calcolo fatevelo voi. Le modalità le conoscete. Basta una calcolatrice…”.
Ovviamente il legale è rimasto stupito da questo atteggiamento.
“Credo sia davvero un’assurdità che lo Stato non incameri le spese di giustizia che gli sono dovute. Ma come è possibile da un lato che un caso di risarcimento danni del genere venga bloccato, e dall’altro che il fisco non sia nelle condizioni di calcolare l’ammontare di una tassa?”.
Forse l’avvocato ha dimenticato che viviamo nel paese dove tutto è possibile e che una volta veniva definito Bel (?) Paese.
http://www.italiasociale.net/notizie12/notizie12-02-09-1.html
Vicenza, «Il Fisco vieta il risarcimento»
Vicenza. Coi tempi che corrono il fisco che non riscuote una tassa che gli è dovuta sembra una barzelletta. Possibile? Sì, secondo l’avvocato vicentino Alessandro Dall’Igna, che da settimane sta cercando in tutti i modi di sapere quanto deve versare per una tassa di registrazione. Invano. L’ultima risposta giunta dagli uffici della sede di Vicenza dell’Agenzia delle entrate è, in base a quanto riferisce, quanto mai singolare. «Calcoli lei quanto deve pagare, e poi versi la somma di conseguenza».
LA CAUSA CIVILE. Per comprendere la strana vicenda che vede per protagonista il noto legale di Thiene è necessario fare un passo indietro. Era l’agosto 2001 quando M. Z. fu operato all’ospedale di Montecchio Maggiore dal dottor E. C.; secondo la famiglia di M. l’intervento non fu eseguito correttamente causando conseguenze pesanti al giovane. Per questo, tutelati dall’avv. Dall’Igna, i famigliari promossero una causa civile contro il medico e l’Ulss 5 chiedendo un risarcimento dei danni. Dopo 10 anni (i tempi della giustizia…), la causa si è conclusa nei mesi scorsi; il 5 dicembre il giudice Fabio D’Amore ha depositato la sentenza, secondo la quale medico e azienda sanitaria devono corrispondere quasi 280 mila euro al giovane e alla sua famiglia.
LA TASSA DI REGISTRAZIONE. Ogni sentenza civile viene normalmente registrata con una tassa proporzionale al suo importo che le parti si dividono. Quale sia la somma per la sentenza la calcola l’Agenzia delle Entrate alla quale viene inviata la documentazione relativa alla causa. «Generalmente passano un paio di settimane – spiega l’avv. Dall’Igna – e per questo abbiamo atteso che le Entrate pubblicassero sul sito, in uno spazio riservato, la cifra». Il versamento della tassa è obbligatorio per consentire tutte le azioni necessarie ad ottenere il risarcimento.
IL RITARDO. Dopo più di un mese, a metà gennaio, il legale che non trovava ancora nulla sul sito ha contattato la sede vicentina delle Entrate. «Mi hanno risposto che sono oberati di lavoro e che non riescono a rispettare la tempestica – spiega -. Di fatto, mi hanno detto, pubblicano solo le tasse di registrazione relative a sentenze per le quali una delle due parti si fa viva». Per questo, Dall’Igna ha sollecitato il calcolo dell’importo da pagare, sulla scorta di interessi, importo e rivalutazioni. Complessivamente, migliaia di euro.
«CALCOLATELA VOI». Ma non è andata così. Dopo un altro paio di settimane, Dall’Igna è tornato all’attacco. «Mi dite quanto dobbiamo pagare?». La risposta di una dipendente delle Entrate berica sarebbe stata sconcertante. «Guardi, il calcolo fatevelo voi. Le modalità le conoscete. Basta una calcolatrice…». Dall’Igna credeva di non aver capito bene e ha chiesto conferma. No, aveva compreso benissimo. «Credo sia davvero un’assurdità che lo Stato non incameri le spese di giustizia che gli sono dovute. Ma come è possibile da un lato che un caso di risarcimento danni del genere venga bloccato, e dall’altro che il fisco non sia nelle condizioni di calcolare l’ammontare di una tassa?». Ad oggi, l’importo è ancora sconosciuto.
http://www.ilgiornaledivicenza.it/dalla-home/vicenza-il-fisco-vieta-il-risarcimento-1.890196
Al re del “fumo” inflitti altri 5 anni
Fu uno dei sequestri più clamorosi degli ultimi anni. Non già per gli otto chili di droga, ma soprattutto per l’arsenale di armi e per il chilo e mezzo di tritolo che oggi, a due anni di distanza, restano un mistero. Il blitz nel garage di via Guicciardini, in città, il 26 febbraio 2010, ha portato poi la guardia di finanza a ricostruire le fila di un canale di smercio di hashish dalle proporzioni notevoli. SEDICI ANNI. Ieri mattina, il giudice Dario Morsiani, accogliendo le richieste del pubblico ministero Luigi Salvadori, ha inflitto – al termine del processo con rito abbreviato – altri 5 anni e 6 mesi, oltre a 25 mila euro di multa, a M.B., 49 anni, residente in città. L’imputato era stato già condannato a quasi 11 anni di carcere per le armi e gli 8 chili di “fumo”. Ieri doveva rispondere delle decine di cessioni ricostruite dai detective del nucleo di polizia tributaria delle fiamme gialle fra il 2008 e il 2010. Pertanto, al termine dei processi di primo grado, la somma complessiva sale a 16 anni di carcere. L’INDAGINE. L’operazione “C’è posta per te”, condotta dalla sezione mobile con il tenente colonnello P. B. e il maresciallo G. S., aveva portato ad arrestate una quindicina di persone. Fra loro molti erano clienti di M.B., che negli anni era diventato una sorta di grossista dello smercio di hashish a Vicenza, ma anche un punto di riferimento per altre province del Veneto. Una sorta di “re” dello spaccio di “fumo”, a cui si rivolgevano pusher che avevano poi la loro clientela. PATTEGGIAMENTI E CONDANNE. Fra coloro che acquistavano da M.B. ieri è sceso a patti L.C., 41 anni, di S. Vito di Leguzzano: per lui un anno e dieci mesi di reclusione e 8400 euro di multa. Un anno e otto mesi e 2400 euro per E.B., 30 anni, della città; un anno e 4 mesi e 3000 euro per M.R., 44 anni, di Jesolo; 6 mesi infine e mille euro – in continuazione con un’altra sentenza del tribunale di Bassano – per G.O., 46 anni, di Marostica. È stata condannata in abbreviato a 6 mesi e 1600 euro I.P., 22 anni, di Vicenza (avv. Alessandro Dall’Igna). Assolti, perchè il fatto non sussiste, A.N., 31 anni, di Treviso, M.R., 55 anni, varesino, e F.C., 32 anni, di Tezze sul Brenta. I SOLDI. Un aspetto particolare dell’indagine era stato il sequestro di 64 mila euro a M.R.. I finanzieri avevano messo i sigilli su quella cifra nel marzo scorso. L’avevano trovata su un conto corrente: il giovane è sposato, paga un mutuo ma le sue dichiarazioni dei redditi sono sempre state molto modeste. Per questo gli inquirenti avevano sequestrato la somma ritenendo che fosse il frutto della sua attività di spaccio. I sigilli erano stati confermati dal tribunale del Riesame. Ieri il giudice ha accolto la richiesta del suo difensore e ha disposto la restituzione. Non c’era prova che arrivassero dalla droga, quei quattrini. LE DICHIARAZIONI. Oltre ai sequestri di droga, scattati dopo giornati di appostamenti, i finanzieri avevano sigillato a M.B. anche tre macchine e centinaia dei migliaia di euro in contanti, nascosti anche a casa della sorella. Altre armi furono trovate nel greto di un fiume, su sua indicazione. Ma altre dichiarazioni fondamentali per gli inquirenti furono quelle di alcuni magrebini suoi clienti. Furono loro a definirlo un personaggio di spicco nel panorama dello spaccio vicentino e non solo. Quando si deciderà a cantare?
http://www.ilgiornaledivicenza.it/home/cronaca-old/al-re-del-fumo-inflitti-altri-5-anni-1.877568
Bancarotta: l’amministratore scende a patti
Un fallimento pilotato. L’amministratore formale che guidò la “omissis” che produceva occhiali nell’ultimo biennio prima della bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, è sceso a patti. S.S., 43 anni, di Isola, ha patteggiato 1 anni 6 mesi di reclusione all’udienza preliminare. La pena gli è stata sospesa. Invece, il presunto amministratore di fatto M.M., 63 anni, di Fano (avv. Alessandro Dall’Igna) e M.C., 51 anni, di Thiene, amministratore della ditta dal ’97 al 2002, sono stati rinviati a giudizio per il 15 marzo. Entrambi sostengono di essere estranei ai maneggi fraudolenti. Il patteggiamento dimostra la tesi del pm Barbara De Munari che quando gli affari della società thienese iniziarono ad andare male furono messe in atto azioni illegali per realizzare passività per 188 mila euro a fronte invece di attività per 2795 euro. L’obiettivo? Danneggiare i creditori. E per attuare il piano furono eseguite triangolazioni con alcune società. È la tesi della procura sulla gestione dell’azienda fallita il 14 marzo 2003. La società si occupava anche dello studio di prototipi. Dalla costituzione negli anni Novanta fino al 7 marzo 2002 era stata amministrata da M.C.. Secondo il curatore fallimentare G. S. e la Finanza, gli imputati oltre a creare passività fittizie, avrebbero nascosto mobili e attrezzature d’ufficio del valore di quasi 10 mila euro che sarebbero stati ceduti alla “omissis”, di cui M.C. e S.S. erano soci, e il secondo amministratore unico. Ancora, per l’accusa avevano sottratto i prototipi realizzati dalla società fallita e in apparenza ceduti alla “omissis”, della quale S.S. e M.C. erano soci. Infine, S.S. aveva consentito alla “omissis”, di cui era socio, di subentrare alla società fallita nei rapporti commerciali (ordinativi della clientela), nelle utenze e nell’affitto dell’unità operativa, senza contropartitea. Facendo poi sparire la contabilità.
Il Giornale di Vicenza
Doppio bonifico. Inflitti quattro mesi al commerciante
Quattro mesi al commerciante d’auto, assolto invece il vicedirettore di banca. È la sentenza letta ieri dal giudice Cristina Bertotti in tribunale a Schio che ha chiuso una vicenda giudiziaria che risaliva a quasi sette anni fa.
Il commerciante F.C., 50 anni, di Marano, è stato ritenuto responsabile dell’appropriazione indebita e il tribunale gli ha inflitto 4 mesi, mentre è uscito a testa alta M.P., 39, di Marano (avv. Alessandro Dall’Igna), all’epoca dei fatti vicedirettore della filiale di Velo d’Astico della Banca Popolare di Vicenza.
La vicenda era relativa a un doppio bonifico di 44 mila euro mai restituito, ed era stata ricostruita in aula dal pubblico ministero onorario Stefano Conte. La vittima, F.V., presidente della Cassa rurale di Ospedaletto Euganeo, si era costituito parte civile. Il giudice ha riconosciuto un risarcimento totale di 55 mila euro; la pena è sospesa se F.C. pagherà. In precedenza era stata archiviata la posizione del direttore della filiale P.P., che quando fu eseguita l’operazione incriminata era in ferie.
Il doppio bonifico avvenne nell’arco di pochi giorni per un errore, in base al quale il denaro fu versato nei conti di F.C. dalla banca padovana, tramite la filiale di Velo, dopo che il primo versamento andò a buon fine. F.C. non restituì la somma e la banca l’aveva trattenuta a copertura di una posizione debitoria del cliente. Egli ammise che la doppia somma non gli spettava e che l’avrebbe restituita. Ma così non avvenne; M.P. non ebbe responsabilità.
Il Giornale di Vicenza, 31/03/2011
Ex amici contro. Commercialista ingiuriò avvocato
Uno scatto d’ira, dopo una controversia che dura da tanti anni con un (ex) amico, e una parola di troppo, che sarebbe stata rivolta alla mamma del suo rivale. Si sono ritrovati in tribunale: l’avvocato R. B. come parte offesa e il commercialista L. B. nelle vesti dell’indagato. Alla seconda udienza, quest’ultimo ha deciso di conciliare: ha chiesto formalmente scusa ed ha pagato 500 euro, oltre alle spese legali, per chiudere la partita, anche se quanto è accaduto in aula potrebbe avere dei seguiti.
L’avv. R. B., noto penalista, con incarichi pubblici anche in Aim, a Vicenza, e L. B., un nome fra i commercialisti berici ed ex assessore, sono due personaggi molto conosciuti a Malo, dove hanno lo studio in piazza De Gasperi. Lo condividevano, fino a qualche anno fa, quando decisero di separare le stanze. Da lì nacque una lunga serie di dissapori.
Il 15 ottobre 2009, finalmente, le due parti fecero intervenire il consulente tecnico d’ufficio, il geometra del Comune di Malo, con altri testimoni per stabilire la divisione. In quell’occasione, L.B. aveva proferito la frase, invero pesante, nei confronti dell’avvocato. Il quale l’aveva fatta annotare dal consulente, aveva chiesto ai testimoni se anche loro l’avevano sentita, e quindi aveva presentato una denuncia per ingiuria aggravata, perchè gli era stata rivolta alla presenza di più testimoni qualificati.
Pertanto, L. B. – assistito dall’avv. Alessandro Dall’Igna – si era ritrovato davanti al Giudice di Pace Didonè di Schio. Dall’altra parte della barricata R.B. Era la prima volta che, nell’annosa baruffa fra i due professionisti, si finiva in un’aula penale.
Durante la prima udienza, la parte offesa si era detta pronta a ritirare la querela se l’altro gli avesse chiesto scusa e avesse pagato una sanzione di 500 euro per i danni morali. «Non mi interessano i soldi, è una questione di principio. Poi li do in beneficenza ai frati», aveva spiegato. Ma L. B., dopo quella richiesta, aveva preso tempo.
Nei giorni scorsi, durante la seconda udienza, è stata auspicata nuovamente la conciliazione fra le parti. «Di lui non ho alcuna stima», avrebbe detto L. B., alla presenza del giudice che non avrebbe gradito molto. Non è escluso che R.B., per quella frase, presenti nuovamente una denuncia.
Quello che è certo è che L.B. si è convinto ed ha formalizzato le scuse, che sono state messe a verbale. Inoltre, si è impegnato a rifondere i 500 euro e a pagare le spese legali sostenute dalla controparte. Anche perché, se avesse affrontato il processo, le conseguenze per lui rischiavano di essere ben più pesanti, visto che i testimoni avevano udito quelle parole rivolte all’avvocato, suo ex amico, e che queste rappresentavano indubbiamente un’offesa da codice penale.
A scanso di sorprese, comunque, la partita potrebbe essere chiusa. Le strade dei due professionisti, legati per tanti anni da una solida amicizia oltre che dalla condivisione dello studio professionale, resteranno probabilmente divise. Senza nuovi incroci pericolosi in tribunale.
Il Giornale di Vicenza, 12/12/2010
Giustizia a due velocità. Creditore risarcisce debitore
È quasi come la storia dell’uomo che morde il cane. L’impresario edile J.M. non ha ancora visto i soldi dei lavori che ha completato all’epoca della lira (2001), perché la causa civile è tuttora in piedi al Tribunale di Schio, intanto deve pagare al debitore M.D.O. 5 mila euro di danni per avergli rotto il naso con un pugno nel maggio 2004. Quando, spazientito, perché M.D.O. fece opposizione a un decreto ingiuntivo di 70 milioni di lire, andò a trovarlo e, nonostante ci fossero gli avvocati di mezzo, J.M. aveva regolato il contenzioso, sbagliando, con una “grosta” al viso con l’aggiunta di un’espressione illecita: «Ti taglio le canne della gola».
A dimostrazione che giustizia penale e civile viaggiano su due binari con velocità alquanto diverse, soprattutto nell’Alto Vicentino, è emblematica la vicenda che coinvolge J.M., 43 anni, di Zanè (avv. Alessandro Dall’Igna) e il bidello compaesano, 53 anni. Nei giorni scorsi il giudice Cristina Bertotti del tribunale penale di Schio ha condannato J.M. a 8 mesi di reclusione per lesioni, esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violazione di domicilio.
I fatti risalgono ai lavori di ristrutturazione che J.M. ha compiuto a casa M.D.O. per 150-160 milioni di lire. Il cliente aveva pagato 90 milioni, poi contestò il pagamento dei lavori rimanenti e non ha messo più mano al portafogli. L’impresario allora si rivolse ai legali e ottenne dal tribunale l’emissione di un decreto ingiuntivo che però M.D.O., com’è suo diritto, ha opposto. All’impresario non era andata giù perché era già trascorso qualche anno dai lavori e non aveva visto il resto delle lire (nel frattempo diventati euri) che riteneva gli spettassero. Perciò aveva deciso di “farsi giustizia da sè”. Voleva risolvere la querelle senza la mediazione degli avvocati, anche se quando gli spaccò il naso si mise dalla parte del torto. Accadde che il 27 maggio 2004 era entrato in quella casa che aveva ristrutturato, ma contro la volontà del proprietario, e quando la discussione si era accesa l’aveva certificata con un pugno che causò la frattura scomposta della piramide nasale del bidello.
In aula, pochi giorni fa, nel processo per le lesioni ha presentato il conto chiedendo per M.D.O. una provvisionale esecutiva di 7 mila euro.
Il giudice, riconoscendo la responsabilità dell’impresario, ha liquidato 5 mila euro. Che J.M. dovrebbe sborsare, sempre che non decida di adottare la stessa strategia della controparte per dilazionare i tempi. Cosicché quando il tribunale civile emetterà il decreto ingiuntivo lo opporrà. Nel frattempo, i lavori eseguiti a casa M.D.O. non sono ancora stati pagati, anche perché per la cronica carenza di giudici il tribunale civile di Schio non ha stabilito chi dei due abbia ragione. Intanto, sono trascorsi 7 anni, il penale è stato più veloce del civile e J.M. dovrà mettere mano al portafoglio. Prima del suo debitore.
Il Giornale di Vicenza