L’Enpa non vuole ingoiare il boccone ed è convinta di aver subito un’ingiustizia, quando l’amministrazione comunale di Thiene gli ha risposto no alla festa dei cani a Villa Fabris. Dopo aver messo in moto un meccanismo mediatico, che ha fatto arrivare la notizia fin oltre i confini del Veneto, ora passa alle vie legali. Gli animalisti di F.B. si sono rivolti all’avvocato thienese Alessandro Dall’Igna che li rappresenterà.
Dal proprio canto, il Comune di Thiene sostiene di non aver infranto la legge e cita proprio quella norma regionale del Veneto 17/2014, art. 18 bis, che al secondo comma recita. ‘Agli animali da compagnia è vietato l’accesso in aree destinate e attrezzate per particolari scopi, come le aree giochi per bambini, quando a tal fine sono chiaramente delimitate e segnalate con appositi cartelli di divieto’.
Il sindaco G. C. aveva replicato alle forti accuse dell’Enpa, dichiarando che la decisione derivava non da un’intolleranza verso gli animali, tutt’altro. Ma che si trattava di una forma di rispetto per bambini che scorazzando nell’area verde, si sarebbero potuti imbattere negli escrementi dei cani.
studio375
Thiene. No ingresso ai cani a Villa Fabris. L’ Enpa fa causa al Comune
Gara degli aghi. Ispezione e nuovo esposto
Gli ispettori regionali al San Bortolo, un nuovo esposto in procura. La vicenda della gara degli aghi segna nuovi sviluppi. Quello di ieri all’ospedale è stato, come si dice, davvero un blitz. Un’ora circa per parlare con il direttore generale G. P. e la responsabile dell’ufficio legale L. T., per farsi consegnare verbali e documenti sulla presunta gara degli aghi in pronto soccorso e sui procedimenti disciplinari aperti e chiusi dall’azienda, per chiedere altra documentazione che gli uffici spediranno a Venezia, e poi se ne è ripartito verso la laguna. Il capo del servizio di vigilanza della Regione S. D. è arrivato al San Bortolo assieme a un collaboratore. Erano le 9 quando si è affacciato sulla stanza del dg, al terzo piano della palazzina uffici, per un breve colloquio a porte chiuse e uno scambio di informazioni, su cui, ovviamente, gli interessati mantengono il più stretto riserbo. Poi D. – che dal 5 luglio dello scorso anno, dopo che la competenza della vigilanza è passata dall’esecutivo al consiglio regionale, ha assunto il comando delle operazioni ispettive su Ulss, Iov, Arpav – è sceso di un piano, e si è chiuso nell’ufficio dell’avvocatura. La T. gli ha fornito tutto il materiale agli atti su una vicenda ancora per qualche aspetto avvolta dal mistero, ha risposto alle domande del numero 1 degli 007 regionali, che, come si sa, opera in collegamento con la quinta commissione consiliare alla sanità, e ora provvederà a inviare a palazzo Ferro Fini altre carte ritenute interessanti per un giudizio globale sulla sconcertante storia degli aghi. Al termine i due ispettori hanno lasciato il San Bortolo. Nessun contatto con il pronto soccorso. Nessun incontro né con il primario V. R. e né con i due medici e sei infermieri coinvolti in una sfida che, al di là se sia stata o meno disputata, propone – per lo scenario in cui è stata ideata – una questione etica che a molti operatori sanitari continua stranamente a sfuggire. Insomma non c’è stato alcun interrogatorio. Niente confronti e verifiche sul luogo dove si sarebbe consumata la gara a colpi di aghi di grosso calibro da infilare sulle vene dei pazienti in un match, scandito via chat, che avrebbe visto di fronte due contendenti, un medico e un infermiere, con gli altri “Amici di Maria” a fare il tifo, e il punteggio finale registrato su un tabellone.
Il governatore L. Z. continua a ribadire che, nel caso di responsabilità accertate, userà il pugno di ferro. Dovrà essere ora D. a valutare i fatti e a stendere il rapporto che dovrà mettere la parola fine su quella che, sul fronte deontologico, al netto pure di eventuali nuovi provvedimenti, resterà comunque una brutta pagina della sanità vicentina.
Intanto l’avvocato Alessandro Dall’Igna, legale del Trubunale del Malato, ieri mattina ha presentato un esposto in procura. «Come onlus – spiega Dall’Igna – abbiamo chiesto se sussistono dei reati nei comportamenti tenuti dagli infermieri in questa presunta gara. In caso di procedimento penale ci riserviamo di costituirci parte civile».
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Ha investito e ucciso un cicloamatore. Patteggia due anni
Rientrando dalla monovra di sorpasso, con lo specchietto del suo suv, aveva fatto cadere un ciclista e ne aveva investito un altro. Quest’ultimo, L.P., 62 anni, ex vigile del fuoco e assessore di Caldogno, nonostante i soccorsi praticamente immediati, è spirato sulla barella su cui era stato appena adagiato dal personale del Suem.
A guidare l’auto, una Nissan Qashqai, F.C., 72 anni, che il pubblico ministero aveva indagato con l’accusa di omicidio colposo. Difeso dall’avvocato Alessandro Dall’Igna, il pensionato, ieri, davanti al giudice per l’udienza preliminare, ha patteggiato due anni di reclusione (pena sospesa). Gli eredi di L.P. sono stati risarciti con una somma complessiva di circa 650 mila euro.
Al momento dell’incidente, avvenuto la mattina del primo settembre dell’anno scorso, a Grumolo Pedemonte di Zugliano, l’automobilista stava trasportando in ospedale la moglie che non si sentiva bene. Stava viaggiando verso Thiene e dopo avere passato via Maso ha iniziato la manovra di sorpasso di un’auto e di un camion che lo precedevano. Solo dopo aver superato il primo veicolo e aver affiancato l’autoarticolato, F.C. si è accorto del gruppo di ciclisti, diretto verso Zugliano, a cui stava andando incontro. Ma ormai era troppo tardi. Con lo specchietto retrovisore sinistro ha quindi colpito A.C., 60 anni, residente a Caldogno, poi trasportato all’ospedale di Santorso con lesioni di media gravità.
Dietro di lui si trovava L.P., che dopo aver perso l’equilibrio è finito sotto alle ruote del suv.
Il conducente della vettura, che non aveva mai avuto nessun incidente stradale prima dell’investimento dei ciclisti, era anche stato sottoposto all’alcoltest risultato negativo.
Vìola il segreto. Poliziotto condannato
Poliziotto e guardia giurata condannate per le informazioni riservate. Un altro agente invece prosciolto perchè estraneo alla vicenda. È questo l’esito del delicato processo che si è chiuso ieri in tribunale. Il giudice Garbo, accogliendo le richieste della procura, ha infatti inflitto un anno e due mesi di reclusione a carico di G.P., 51 anni, di Schio, poliziotto in servizio al distaccamento della polstrada scledense, e di M.C., 45 anni, di Torrebelvicino, guardia giurata. Assolto, perchè il fatto non costituisce reato, il poliziotto della stradale di Vicenza P.N., 50 anni, di Sandrigo. Le difese dei due condannati, con gli avv. Alessandro Dall’Igna e Silvia De Biasi, proporranno con ogni probabilità ricorso in Appello dopo aver letto le motivazioni della sentenza. In ogni caso, il giudice ha ordinato che alla parte civile A.C. non spetti alcun risarcimento: vittima del reato, è il possibile ragionamento del giudice, è la pubblica amministrazione.
I due agenti erano accusati di aver fornito alla guardia giurata informazioni riservate relative ad una sua conoscente, violando la norma che vieta di interrogare la banca dati del Ministero per motivi diversi da quelli strettamente legati al servizio.
I fatti contestati risalivano al gennaio 2011 e vennero alla luce in maniera singolare. A.C., una donna delle pulizie che abita nella zona di Valli del Pasubio, si era infatti presentata in caserma. Aveva riferito che un suo conoscente, M.C., con il quale da qualche tempo era in corso una discussione, si era presentato da lei con in mano un foglio nel quale erano stampati alcuni precedenti penali della donna. Si trattava di un’informativa telematica, un’interrogazione che le forze dell’ordine possono fare alla banca dati del ministero dell’Interno per verificare i precedenti penali di ciascuno. M.C. gliel’aveva consegnata e lei, supponendo che alla base vi fosse un abuso, si era recata in caserma con quel foglio, dal quale era stata strappata la parte in cui viene stampato il codice identificativo di chi ha fatto l’interrogazione al computer. Dalle verifiche era emerso che quell’interrogazione era stata compiuta da P.N., dalla centrale di Vicenza; ma il poliziotto, stimato da colleghi e superiori, quel giorno in effetti in centrale operativa, aveva spiegato che quell’interrogazione gli era stata chiesta da un collega. Prassi vuole che l’agente in pattuglia, o in servizio nei distaccamenti, passi dalla centrale di Vicenza per le interrogazioni. E chi c’era quel giorno in centrale a Schio? In servizio c’era G.P., pure lui agente stimato, che secondo le indagini era un conoscente di M.C.. Quest’ultimo, poi, è stato indicato da A.C. come l’autore della richiesta illecita. Per la procura, che aveva coordinato le indagini compiute dai colleghi della stradale, coordinati dal vicequestore Macagnino, perciò, M.C. aveva chiesto un favore vietato a G.P., che se l’era fatto fare da P.N., autore inconsapevole (è stato assolto) dell’interrogazione. I tre imputati si erano sempre difesi; G.P. e M.C. potranno farlo in secondo grado.
Padre adottivo, 5 anni di abusi. Condannato
Condannato per aver abusato della figliastra, per anni, addirittura cinque: l’aveva costretta a subire baci, toccamenti e attenzioni morbose quando era più piccola, poi, nel tempo, man mano che cresceva, sempre di più, fino a rapporti sessuali completi. Imponendole al contempo di stare zitta, di non rivelare a nessuno quegli sconvolgenti segreti. L’orco in questione, un operaio di Thiene accusato di violenza sessuale aggravata su minore, se l’è “cavata” con due anni di reclusione davanti al giudice Stefano Furlani, con la sospensione della pena, anche per il fatto che aveva risarcito la vittima, la figlia della donna che aveva sposato in seconde nozze. La ragazzina che aveva obbligato a subire abusi dal 2008, dagli undici ai sedici anni. Quando ha finalmente trovato il coraggio di parlarne con un’amica: le ha confessato, togliendosi il peso che la opprimeva da tempo, dei continui soprusi, di quelle effusioni sempre più spinte tra le mura di casa. Quindi si era rivolta ai servizi sociali. “Ero diventata la sua amante” aveva riferito in lacrime. La denuncia aveva dato il via a un’inchiesta, coordinata dal pm Cristina Gava, e quella terribile verità aveva portato la mamma a separarsi dall’uomo di cui si era sempre fidata ciecamente, tanto che gli aveva affidato la figlia ogni qual volta andava a lavorare. Un’occasione, per l’uomo, di fare della piccola quello che voleva. Così come raccontato dalla stessa, tutelata dall’avvocato N. C.. Le dichiarazioni dell’adolescente erano state cristallizzate nel corso dell’audizioni protetta, svolta nella forma dell’incidente probatorio. Accuse che l’operaio, difeso dall’avvocato Alessandro Dall’Igna, aveva sempre respinto. Eppure ha risarcito la ragazza.
Legale vicentino citato 42 volte dall’ex moglie
È una storia per certi versi emblematica di come vanno a finire alcune separazioni fra coniugi. Dopo che si erano detti addio, lei ha avviato una serie infinita di procedimenti giudiziari, sia penali che civili: 42, per l’esattezza, nel giro di pochi anni, dal giugno 2011 in avanti. E i giudici, ricorda lui, gli hanno sostanzialmente sempre dato ragione. Fra qualche settimana lui, l’avvocato civilista vicentino D.F., 47 anni, dovrà comparire davanti al giudice penale Garbo per difendersi dall’accusa di non averle pagato gli alimenti. «Non ha i soldi per me, eppure gira in Jaguar», sostiene la sua ex D., 46 anni, di Monticello Conte Otto, che in aula potrebbe costituirsi parte civile. Lui, invece, difeso dall’avv. Alessandro Dall’Igna, si dice sereno e pronto a far valere le sue ragioni. «Sarà un giudice a stabilire torti e ragioni», precisa. (…)
«Mi ha violentata. Marinai la scuola, voleva dirlo ai miei»
«Quel giorno mi ha violentata due volte. Prima nell’appartamento di un suo amico, a Thiene, e poi a casa sua, a Marano. Mi ha costretta a fare sesso con lui perchè mi aveva scoperta a marinare la scuola, e mi aveva minacciato che lo avrebbe raccontato ai miei genitori».
Una giovane thienese che oggi ha 21 anni ha risposto a lungo ieri alle domande delle parti in tribunale. A processo, davanti al collegio presieduto da Gianesini (giudici Maria Trenti e Rizzi), c’è G.G., 38 anni, di Marano, il quale è accusato di violenza sessuale aggravata, ma si difende con forza dalle contestazioni. «Sono tutte intenzioni, non è vero nulla», precisa la guardia giurata, che era amico della famiglia della giovane. Quest’ultima si è costituita parte civile con l’avv. Alessandro Dall’Igna e chiede un risarcimento di 300 mila euro.
Ieri la giovane, rispondendo alle domande del pubblico ministero Floris, ha ricostruito quanto accadde nel maggio del 2009, e che lei riuscì a confidare ai famigliari solo nella primavera dell’anno dopo. (…)
Guidava ubriaco, il legale non c’è e lui viene assolto
VICENZA. Che fosse ubriaco non ci sarebbero dubbi: l’alcoltest non aveva mentito, con il display che indicava i 2,19 grammi di alcol per litro di sangue, oltre quattro volte il limite consentito dalla legge. Ma il giudice lo ha dovuto assolvere per una nullità: i carabinieri, quella mattina, non gli avevano nominato un avvocato d’ufficio, come previsto dalla legge e come anche di recente la Cassazione ha indicato come passaggio indispensabile. Poichè il test è un esame irripetibile, ogni indagato ha il diritto di farsi assistere da un legale e se non ne ha uno, di farselo nominare al momento dalle forze dell’ordine.
È la singolare vicenda che vede per protagonista A.A., 53 anni, di Thiene, che grazie all’avv. Alessandro Dall’Igna ha ottenuto dal giudice Barbara Maria Trenti l’assoluzione perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Il pubblico ministero onorario Isabella Dotto, che invece riteneva che quella nullità non fosse determinante ai fini della dichiarazione di responsabilità, aveva chiesto 6 mesi di arresto.
Il Giornale di Vicenza, 28/11/2014
Cartucce col nome. Minacciò i due figli. Condanna: 1 anno
VENEZIA. La Corte d’Appello ha confermato la condanna: un anno e un mese di reclusione, con un piccolo sconto di 2 mesi rispetto alla sentenza di primo grado di tre anni fa. La pena sarà sospesa solo se risarcirà i figli, con 5 mila euro ciascuno.
M.D.B., 70 anni, nell’agosto del 2004 era stato arrestato dai carabinieri della locale stazione. M.D.B. (difeso dall’avv. Alessandro Dall’Igna) era accusato di minacce gravi nei confronti dei due figli S.D.B. e P.D.B. e delle loro famiglie. In particolare, li aveva minacciati con un fucile, spiegando che l’arma serviva «alla resa dei conti», «entro la fine dell’anno se non vanno via li uccido», «faccio piangere mia moglie perchè le uccido i figli», «non mi interessa niente se andrò a morire in galera», e via discorrendo. Questo comportamento durò a lungo, dal febbraio all’agosto, fino a quando intervennero i militari che lo bloccarono.
In casa fu trovato un fucile a due canne calibro 16 di fabbricazione artigianale, detenuto illegalmente, al quale aveva mozzato le canne. (…)
Bancarotta. Condannato a 4 mesi
Quattro mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena. È la condanna inflitta l’altra mattina in tribunale dal giudice Garbo a carico di F. Z., 63 anni.. L’imputato, difeso dall’avv. Alessandro Dall’Igna, doveva rispondere di bancarotta semplice. Qualche mese fa era stato condannato ad altri quattro mesi per un’ipotesi di evasione fiscale. F.Z. era finito a processo in qualità di legale rappresentante (dal maggio 2011 di amministratore unico) della società “omissis” di Schiavon: il pubblico ministero Pipeschi, sulla scorta anche della relazione del curatore fallimentare, gli contestava di essersi astenuto dal chiedere tempestivamente il fallimento.
Dal 2009, infatti, la ditta era in condizioni economiche tali da dover, secondo la procura, portare i libri in tribunale; e invece ciò avvenne solo nel giugno 2011, quando venne dichiarata fallita. Così però l’imputato aveva aggravato il dissesto.
Il Giornale di Vicenza